“La tecnologia ci ha liberato. Il supporto digitale con le sue qualità di mobilità, flessibilità, intimità e accessibilità è il mezzo perfetto per un paese del Terzo Mondo come le Filippine” Khavn De La Cruz, Digital Dekalogo
Per New Wave filippina si intende un movimento di artisti, registi e documentaristi sorto nei primi anni del 2000 nell’area di Metro Manila. Noti per l’attitudine punk della loro cinematografia, per l’uso graffiante delle suggestioni mutuate dal cinema danese degli anni ’90, dal Dogma ’95 e dal primo Lars von Trier, i registi filippini si affermano nel panorama cinematografico internazionale dopo decenni di censura e repressione. Si riappropriano della grande tradizione cinematografica autoctona, in particolare dello sperimentalismo degli anni ‘20, del realismo dei ‘70 e della lezione dei maestri Lino Brocka, Celso ad Castillo e Mike de Leòn, noti per la crudezza del loro linguaggio, per l’impegno sociale e per l’exploitation di sesso e violenza, espressi nonostante la censura del regime di Marcos. Queste evocazioni si contaminano degli stimoli giunti dall’uso delle tecnologie digitali e dalla produzione a basso costo, che da un lato permettono loro di girare in condizioni impensabili alla grande produzione, di accedere ai luoghi più infetti e oscuri della realtà underground di Manila e dintorni, dall’altro lato forniscono una grande libertà in termini di sperimentazione visiva: camera a spalla, sovraesposizioni, colori virati etc. I linguaggi dei videomaker filippini sono polifonici e distonici: dal minimalismo di Lav Diaz, al montaggio caotico di Lawrence Fayardo, all’ironica vitalità punk di Khavn De La Cruz ed Emerson Reyes, al vuoto pittorico di Raya Martin, sino al crudo realismo di Brillante Mendoza, una comunità di autori, uniti nella costruzione di un’avanguardia e nella coerenza ai valori dell’industria indipendente.